Gli egiziani sanno che la stella Sothis è una manifestazione della dea Iside che, al suo apparire, provoca le piene del Nilo con le lacrime versate per il marito Osiride. Meglio di tutti lo sa Uermai, vecchio sacerdote di Eliopoli dove è raccolta la più numerosa costellazione divina dell’Egitto, tutta solare. Come ogni giorno Uermai siede all’ombra di un sicomoro a scrivere le preghiere che la gente va a depositare nel tempio. Lascia in bianco il nome del dio in modo che, chiunque le legga, possa appellarsi alla divinità che preferisce: il nome non è importante quanto la certezza che il dio ascolti. Qui, prima divinità del luogo è Atun, leone o mangusta, ma Uermai ha servito anche nella vicina Menfi, sede di Ptah, il dio dall’immagine umana crisaliforme, e del dio Sokaris, uomo a testa di falco. Come tutti gli egizi Uermai non si preoccupa di definire con chiarezza gli attributi e i poteri delle singole divinità; sa solo che sono esseri superiori, manifestazioni dell’energia immortale della natura, dal cui umore dipende l’andamento del mondo e con i quali devono essere mantenute buone relazioni. Ed è proprio quello che sta facendo, compilando formule per il loro culto.